Parigi-Roubaix 2019, Andrea Tafi su Alberto Bettiol e il sogno mancato
Vincitore venti anni fa, Andrea Tafi è ancora l’ultimo italiano ad aver conquistato la Parigi – Roubaix. A 52 anni, avrebbe voluto festeggiare il ventennale del suo successo affrontando di nuovo l’Inferno del Nord. Un infortunio ha definitivamente interrotto il suo sogno, ma l’ex corridore toscano non molla il ciclismo, partendo dalla Granfondo Campagnolo Roma, che ha rappresentato in qualche modo la nascita di questo suo progetto. Il corridore di Fucecchio racconta le sue ambizioni, la sua vita da ex professionista e il suo legame con Alberto Bettiol, fresco vincitore del Giro delle Fiandre dopo una lunga assenza italiana dall’albo d’oro.
Domenica c’è la Parigi-Roubaix, tu come stai?
Bene, anche se la clavicola mi fa ancora un po’ male. Non mi sono rotto mai niente in tutta la carriera, nonostante le tante cadute… E adesso una caduta ha vanificato questo progetto, questo sogno di essere al via della Parigi-Roubaix. Però io non mollo…
Intanto qualche giorno fa Alberto Bettiol, toscano come te, ha riportato l’Italia sul tetto del Fiandre.
Sì, lo conosco bene, ci siamo anche allenati insieme. Abbiamo una chat su WhatsApp in cui ci sono anche altri pro della nostra zona, la usiamo per sentirci e organizzare gli allenamenti insieme, soprattutto in inverno. Lo seguivo già da juniores, l’anno scorso ha avuto un po’ di sfortuna, adesso sta dimostrando quanto vale veramente. Al Fiandre ha saputo cogliere il momento giusto, ha fatto una grande azione. Pensare che nel 2002 la mia ultima vittoria da pro è stata al Giro delle Fiandre, mentre per lui, la prima da professionista. Ma le coincidenze non si fermano qui: Alberto ha vinto con il dorsale numero 77, proprio il mio numero in gara al Fiandre 2002. Aggiungo anche che mio padre è nato a Castelfiorentino, proprio come Alberto.
Credevi veramente al ritorno alla Roubaix?
Sì, ne avevo parlato anche con Johan Museeuw, non volevo tornare per vincere la gara ma per festeggiare i 20 dalla vittoria del 1999 e per far capire agli appassionati di questo sport che si può fare ciclismo ad alti livelli anche dopo i 40, stando bene in salute. Mi dispiace che qualcuno abbia interpretato il messaggio nella maniera sbagliata. Mi sono allenato con tanta dedizione e grinta, mi sarebbe piaciuto tanto. Avrei voluto vedere fino a che punto il mio fisico mi avrebbe consentito di arrivare.
Come era nata l’idea?
Parlando con un amico che mi vedeva ancora molto attivo nell’andare in bicicletta e allora mi ha chiesto perché non provare a tornare alla Parigi-Roubaix 20 anni dopo il mio successo del 1999. Prima della caduta mi sentivo veramente bene. Pedalare sulle pietre dell’Appia Antica – parte del percorso della Granfondo Campagnolo Roma – è un qualcosa che mi emoziona sempre e che mi ha fatto pensare ad un ritorno su quelle della Roubaix.
Cosa avresti voluto dimostrare?
Sarei ipocrita a dire che sarei voluto tornare per vincere, ho 52 anni e ci sono tanti giovani forti – per fortuna! Mi sarebbe piaciuto tornare per poter ripercorrere, dopo 20 anni, la vittoria del 1999 e capire quanto è cambiato il ciclismo in 20 anni e raccontarlo alle persone che amano questo sport. Documentare questa idea eroica-romantica, come le tante persone appassionate del ciclismo storico che si schierano al via de L’Imperiale, insieme a tutti i partecipanti della Granfondo Campagnolo Roma, per far rivivere il ciclismo di altri tempi.
1999-2019, in venti anni il ciclismo è cambiato tantissimo. Il percorso della Roubaix è rimasto uguale ma sono cambiati materiali e tecnologie.
Materiali e tecnologie ma anche metodo di preparazione con tecniche e allenamenti totalmente nuovi per arrivare a competere al 100%. È cambiato moltissimo, basti pensare che nel 1999 il casco non era obbligatorio. Io da giovane inizialmente non ne vedevo la necessità ma adesso non faccio un metro senza.
Nel frattempo continui a mantenerti attivo in bici anche grazie alle granfondo come la Granfondo Campagnolo Roma. Cosa rende questo evento così speciale per te?
La Granfondo Campagnolo Roma ha un fascino particolare, oltre ad essere un’opportunità unica di pedalare a Roma e ai Castelli Romani su strade chiuse al traffico. L’Appia Antica e i suoi sampietrini sono gli stessi che si affrontavano nel Giro del Lazio, una corsa che ho vinto tre volte: quanti tanti ricordi! Vi aspetto a Roma il 13 ottobre per un grande weekend di ciclismo.
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